La multinazionale svedese è una delle poche aziende che ha deciso di puntare solo sui trattamenti per le malattie rare.
Il General Manager per l’Italia, Sergio Lai: “Sentiamo tutta la responsabilità del nostro ruolo”
La maggior parte delle aziende farmaceutiche si dedica alla produzione di trattamenti per le malattie più comuni, altre invece riservano una piccola parte del loro budget alla ricerca sulle patologie rare. La svedese Sobi (Swedish Orphan Biovitrum) ha fatto una scelta diversa, rischiosa e radicale: ha deciso di puntare esclusivamente sulle malattie rare. Non a caso, per mettere in evidenza la propria missione, ha recentemente aggiunto al suo logo le parole “rare strength”, “forza rara”.
La punta di diamante della pipeline di Sobi è rappresentata sicuramente dai due farmaci rFVIIIFc efmoroctocog alfa e rFIXFc eftrenonacog alfa (Elocta e Alprolix) sviluppati per l’emofilia, una malattia emorragica che in questi ultimi anni ha visto una vera e propria rivoluzione, con diverse molecole messe a punto e di conseguenza un eccezionale miglioramento nella qualità di vita dei pazienti.
Ma non sono solo le terapie a poter fare la differenza nella vita delle persone. Da un’approfondita indagine etnografica condotta dall’azienda nel 2018 in 5 Paesi europei, volta a esplorare il vissuto delle persone con emofilia, sono emersi con evidenza i continui compromessi legati alle sfide quotidiane e al timore di vivere una vita piena. Oggi però si può avere di più, come dimostra la call to action che Sobi lancerà in occasione dell’imminente Giornata Mondiale dell’Emofilia – il prossimo 17 aprile – coinvolgendo tutta la comunità per mostrare alle persone che possono sfidare lo status quo, vivere appieno la vita e andare alla ricerca di quelle possibilità che i progressi nella cura oggi hanno reso disponibili.
“È una vera e propria vision che guida l’azienda, dandoci quella forza rara necessaria a offrire trattamenti che consentano alle persone con emofilia di sentirsi al sicuro, proteggendole dai sanguinamenti e insieme proteggendo nel tempo la salute delle loro articolazioni, riducendo il dolore e il peso mentale della loro condizione”, afferma Sergio Lai, General Manager di Sobi Italia, intervistato in occasione della VI edizione del Premio OMaR per la Comunicazione sulle Malattie e i Tumori Rari. “Garantire il benessere articolare oggi è la conditio sine qua non del benessere di domani: per questo stiamo collaborando con la comunità affinché, attraverso un approccio multidisciplinare e innovativo, le persone con emofilia possano trovare sempre la migliore risposta”.
Molto nutrita è anche la divisione Specialty Care, focalizzata sulle malattie rare e ultrarare: fra queste, alcune patologie ereditarie del metabolismo (i difetti del ciclo dell’urea e la tirosinemia ereditaria di tipo 1 – HT1) e un gruppo di disturbi reumatico-infiammatori (la malattia di Still e le sindromi periodiche associate alla criopirina – CAPS). Completano quest’area la malattia di Dupuytren, che colpisce la mano, e la malattia di La Peyronie, che coinvolge la sfera sessuale.
Sobi, con i suoi 1.050 dipendenti, è presente in più di 25 Paesi, e da oltre dieci anni anche in Italia. È un’azienda che investe fortemente nella ricerca: oltre ad aver già messo in commercio numerosi farmaci, ha condotto diverse sperimentazioni, alcune delle quali si trovano già in fase clinica avanzata. Un esempio è quello della molecola emapalumab, al momento in Fase III, che porterà importanti benefici ai bambini affetti da una rarissima patologia ereditaria del sistema immunitario, la linfoistiocitosi emofagocitica primaria (HLH).
Questo anticorpo monoclonale, già approvato negli Stati Uniti dalla FDA, è in grado di ‘spegnere’ l’anormale ed eccessiva risposta infiammatoria nei pazienti con HLH. Con una sua approvazione anche in Europa, il trattamento della malattia potrebbe diventare molto più mirato e preciso, evitando gli effetti collaterali associati all’impiego di alte dosi di cortisone e di farmaci chemioterapici, che ad oggi rappresentano la terapia standard della patologia.
“Ritengo che questo farmaco sia la dimostrazione chiara, semplice e immediata del significato che ha per noi ‘rare strength’. Quando parliamo di patologie così gravi, così impattanti e allo stesso tempo così poco diffuse – fortunatamente – il contributo che possiamo portare è talmente rilevante da farci sentire tutta la responsabilità del nostro ruolo”, sottolinea Sergio Lai. “Per questo motivo confermo che il focus esclusivo sulle malattie rare sia il nostro tratto distintivo oggi così come lo sarà domani”.
Sviluppare un farmaco efficace, per una condizione che non ha mai avuto una cura, è sicuramente il successo più importante che un’azienda farmaceutica possa raggiungere. Ma una volta ottenuto questo risultato, non ci si ferma. Molti medicinali, infatti, pur offrendo un beneficio ai pazienti, comportano spesso degli effetti collaterali spiacevoli, se non gravi. La ricerca, quindi, va avanti, e continua la sperimentazione per trovare farmaci ancora migliori.
È il caso dei difetti del ciclo dell’urea, un gruppo di sei rare malattie metaboliche. I pazienti affetti da queste condizioni genetiche non sono in grado di trasformare l’ammonio (ammoniaca) in urea, né di eliminarlo attraverso le urine. Questa sostanza, altamente tossica soprattutto per il sistema nervoso centrale, viene prodotta continuamente dal metabolismo delle proteine e, se non adeguatamente eliminata attraverso il ciclo dell’urea, si accumula nel sangue raggiungendo valori tossici – iperammoniemia – che provocano gravi complicanze neurologiche e conseguenze persino fatali. Un ritardo nella diagnosi e nel trattamento di queste condizioni può portare a danni neurologici gravi e irreversibili che comportano deficit neurocognitivi, convulsioni, paralisi cerebrali e, in mancanza di cure adeguate, anche la morte.
Alcune di queste malattie possono oggi essere diagnosticate nei primi giorni di vita grazie allo screening neonatale esteso, e in questi casi occorre intervenire subito per evitare conseguenze anche mortali nei più piccoli, o comunque gravi in età più avanzata. Per questi pazienti (circa 250 in Italia), le agenzie regolatorie hanno recentemente approvato il glicerolo fenilbutirrato (Ravicti) come terapia sia per i pazienti pediatrici che adulti.
Questo farmaco andrà a sostituire un altro medicinale, il sodio fenilbutirrato (Ammonaps, prodotto sempre da Sobi) che, sebbene efficace, presentava dei problemi di tollerabilità legati alla quantità di farmaco da assumere più volte al giorno, al suo sapore sgradevole e allo spiacevole odore emesso dal corpo attraverso la sudorazione. Il glicerolo fenilbutirrato, invece, oltre ad essere insapore e inodore, presenta altri aspetti positivi in termini di dosaggio da somministrare e di effetti benefici. Caratteristiche importanti che influiscono direttamente sulla compliance, soprattutto per un medicinale che deve essere assunto da bambini molto piccoli, per tutta la vita.
“Siamo orgogliosi di poter rendere disponibile una terapia di questo valore per una tipologia di pazienti così delicata come sono i bambini, già nei primi mesi di vita, oltre che per pazienti in età più avanzata”, prosegue Sergio Lai. “Questo è il risultato della costante ricerca, da parte della nostra azienda, di soluzioni che possano cambiare la vita e fare la differenza per le persone che vivono una malattia rara: infatti, nonostante Sobi avesse già reso disponibile da anni una terapia per i difetti del ciclo dell’urea, ha voluto ricercare e offrire una soluzione terapeutica che potesse rispondere meglio alle esigenze quotidiane dei pazienti, portando ulteriori importanti benefici sia in termini di efficacia e sicurezza che di compliance al trattamento”, conclude Lai. “Ancora una volta vorrei dire che Sobi porta qualcosa di raro alle malattie rare: la forza della nostra focalizzazione, della nostra agilità e delle nostre persone. Ecco perché diciamo: rare strength”.